I 34 milioni di euro previsti da Talete per investimenti infrastrutturali sono obbligatori e necessari per garantire il diritto all’acqua, non solo in termini di disponibilità ma anche di qualità e di costo.
Ritengo che l’acqua rappresenti un bene essenziale a cui corrisponde un diritto fondamentale delle persone ed è una risorsa universale scarsa da sottrarre a logiche di mercato.
Ad oggi si tratta di un servizio pubblico di rilevanza economica e, come tale, sottoposto a tariffa sulla quale, secondo il principio del full cost recovery, devono essere caricati integralmente i costi di gestione, investimenti compresi.
Sino a quando tali costi non saranno spostati dalla bolletta alla fiscalità generale, e quindi in proporzione alla capacità contributiva del singolo cittadino, saranno sempre gli utenti a pagare. Gli amministratori però devono affrontare, al di là delle dichiarazioni di principio, i problemi nella loro concretezza.
Il problema è in primo luogo garantire una fornitura regolare e sicura sotto l’aspetto igienico-sanitario, ma anche limitarne l’imponente dispersione e per questo il servizio idrico integrato ha bisogno di interventi non più rimandabili.
La decisione di aumentare le tariffe, quindi, non è stata presa a cuor leggero, ma con l’obiettivo di intervenire seriamente su inefficienza e sprechi, al fine di ridurre in prospettiva il costo dell’acqua e tutelare l’ambiente.
La Talete è una società nata male, su logiche più spartitorie che gestionali, e questo ha prodotto un danno che ancora paghiamo, ma va riconosciuto all’attuale management un cambio di rotta rispetto al passato che ha portato dei miglioramenti. Comunque ad oggi è questo il gestore e nessuno ha una soluzione alternativa pronta. I singoli Comuni non sono in grado da soli di affrontare gli investimenti necessari, che comunque in ogni caso ricadrebbero sui cittadini.
Ad esempio, l’inquinamento da arsenico deriva da cause naturali e non è un fatto recente, ma precedente all’attuale sistema di gestione. Fino a quando vogliamo continuare a compromettere la salute delle nostre popolazioni? Per le dimensioni del problema da questa situazione si esce tutti insieme, con uno spirito solidaristico di collaborazione.
Si calcola che il 7,6% di aumento mediamente graverà sulle bollette per circa 15/20 euro all’anno e non ne siamo certo felici. Se questo però consentirà di migliorare la qualità dell’acqua e la sua gestione, diminuendo i costi in futuro, può essere un investimento utile.
Non ci rimane che vigilare sull’efficacia di questa misura e minimizzare l’impatto sulle famiglie più bisognose. Sul bilancio comunale di previsione 2019, in aggiunta agli aiuti già esistenti, faremo in modo di sostenere i cittadini, contribuendo a questa maggiore spesa.
Noi rimaniamo convinti della validità del principio della gestione integrata pubblica. Se poi cambierà la legge, favorendo una migliore gestione delle acque, più partecipata e con minori oneri per i cittadini, non saremo certo noi a difendere un sistema di gestione che ha evidenziato tutti i suoi limiti, ma per essere all’altezza dei problemi bisogna guardare avanti, non indietro.
Angelo Ghinassi
Sindaco di Acquapendente